VALBRONA:
USANZE E PROVERBI
Prima che la
civilt� moderna tipo '900, espressione
caratteristica della trionfante meccanica,
giungesse con i suoi benefici e malefici fin
sulle nostre montagne a portare, col progresso, i
miasmi corruttori della vicina grande metropoli
lombarda ed a standardizzare uomini e cose, ogni
paesello adagiato ai pi� dei monti aveva un suo
particolare modo di vita, il quale si
concretizzava in belle e poetiche usanze locali
che avevano il profumo dei nostri fiori
selvatici. Purtroppo, ad una ad una le vediamo
morire con nostro grande rammarico, mentre anche
da noi si fa innanzi una concezione sempre pi�
urbana della vita, nel senso peggiore della
parola.
Alcune
di queste antiche sanze, nonostante tutto,
stentano per� a morire, poich� espressione pi�
profonda dell'anima genuina del nostro popolo.
Quelle riferentesi al culto dei morti sono
certamente le pi� radicate e sentite. In
occasione dei funerali i dolenti offrono tuttora
a ogni famiglia una forma di pane (michetta)
chiamata "pane dei morti", e se poveri
il sale. E' questo forse un ricordo dei banchetti
funebri cristiani. Il costume del banchetto
funebre vigeva presso tutti i popoli
dell'antichit� e l'uso era talmente radicato che
pass� anche nel Cristianesimo, tanto pi� che
era gi� stato approvato dalla Sacra Scrittura
(Tobia 4-18). Questi banchetti, che si tenevano
sopra mense di pietra costruite presso i
sepolcri, come risulta da iscrizioni trovate in
Africa, tornavano di giovamento ai poveri e, come
le antiche �gapi, furono per lungo tempo veri
banchetti di carit�. Verso la fine del secolo IV
questa bella usanza degener� e la Chiesa vi si
oppose finch� la abol�.
Il nostro
"pan dei morti" si crede, dunque, sia
una tenace e simpatica sopravvivenza di questi
banchetti funebri.
Un'altra bella e
caratteristica usanza si trova nella frazione di
Maisano. Tutte le sere all'imbrunire, quando su
ogni spirito scende lo scoramento e lo
smarrimento del vespero, passa un uomo per le
strade agitando un campanello ed invitando alla
preghiera in onore di S. Rocco. Mentre le anime
dei poveri morti, specialmente quelle della peste
di S. Carlo e del Cardinal Federico, vagano
nell'ombra delle incombenti tenebre, tutti
pregano ed invocano la protezione di S. Rocco
"pestilitatis averrunus".
Sempre a Maisano,
quando alla mezzanotte di Natale suonano le
campane cantanti la gloria di Dio nel pi� alto
dei cieli e propizianti la pace in terra agli
uomini di buona volont�, tutta la popolazione
accorre a bere l'acqua della fontana che fu
benedetta da S. Carlo.
Cristiano era
pure, fino a qualche tempo fa, il modo di
delimitare le propriet�, perch� si usava
incidere sui sassi di confine una bella croce.
La raccolta delle
noci era motivo di grande festa in famiglia:
tutti portavano il loro raccolto in una localit�
chiamata Torchio, in frazione di Maisano, perch�
vi si facesse la torchiatura con una macina di
serizzo che ancora oggi si vede.
Con l'avanzo delle
noci si confezionava una specie di torta chiamata
"nogigia", la quale veniva consumata
come companatico con grande gioia dei bimbi.
Oggi, purtroppo, non pi� torchiatura, non pi�
"nogigia" e poche noci, perch� molti
alberi furono malauguratamente distrutti. E i
bimbi poveri qualche volta sognano ancora la
deliziosa nogigia che essi hanno conosciuto come
segno di abbondanza nelle favole delle nonne.
I nostri antichi,
semplici e poco istruiti ma saggi, avevano una
loro particolare esperienza dei fenomeni naturali
e dei sentimenti dell'animo umano, esperienza
appresa non sui grossi volumi, ma dalla diretta
osservazione della natura e dei fatti
consuetudinari della vita, duramente e
cristianamente vissuta. Abbiamo cos� una bella
fioritura di proverbi di carattere metereologico
ed umano, che qui sono trascritti perch� la
svagata giovent� moderna non abbia del tutto a
dimenticare la saggezza dei padri.
Proverbi
meteorologici
1- Quan canta la
cicala de settember compra minga el gran de
vender.
2- S. Giusepp el
porta la merenda in del sachett.
3 - La nev
decembrina per tri mes la confina.
4 - Marz
pulverent, poca paia e tanto furment.
5 - A Santa
Catarina i uliv a la cantina ed i vach alla
casina.
6 - Quand el canta
el re di scies, un d� dopo ghem la nev.
7 - Se el piov a
Santa Crus se sbusa la castegna ed anca el nus.
8 - Per Sant Simun
e Giuda strepa la rava che l'� madura.
9 - I val de Genee
riempisen el granee.
10 - Quand eI trun
el ven de Canz met gi� i restei e to su i ranz.
11 - Se el pieuv
per San Michee, te faree i facc quand te pudaree.
12 - Basta che
magg e settember sien bun, gli altermes vadan pur
a tamburlun.
13 - Se a San
Martin el sol tramunta in seren, la pecurella la
magia el fen; se el tramunta nella nivuletta, la
pecurella la mangia l'erbetta.
14 - Quand el sol
spunta sui buschitt, l'inimiga tutti i uselitt.
15 - Marz l'�
fioeu d'una baltrocca: su una muntagna el piov e
su un'altra fiocca.
16 - L'umbra
d'est� fa dori el venter d'inverno.
17 - In april
ch'el piova se em de fa una bona cova.
18 - Quand el gal
el canta sul pul� ghem l'acqua ai p�.
19 - Nivula russa
o el piovv o el buffa.
20 - Se te ghet un
bel schiuchet mettel via per marzet.
2I - Quand la
Valtellina l'� ciara tutt el mund el se lava,
quand l'� scura tutt el mund el se sgura.
22 - Quand i Corni
fan capell buta via la ranza e prend el restel�.
23 - Se la luna �
prima del 5 del mese, non � di quel mese
24 - Quando nevica
alla Grigna abbiamo bel tempo.
25 - Se il sereno
spunta sull'orizzonte di Milano vien bel tempo.
26 - Quando il
vento vien dalla Grigna � bel tempo.
27 Quando il vento
vien dal Ticino � sempre brutto tempo.
28 - Nel mese di
novembre abbiamo l'estate di S. Martino che dura
tre giorni e un tantino.
29 - Quan al Corno al ga s� al capel o kal fa brut o kal fa bel !
Proverbi umani
1 - La pegura la
va tusada e mai venduda.
2 - Quand el
padrun el va a fa del so, la veludria la cascia
su el co.
3 - Quand l'asen
l'� ben vest�, el se stima e el fa l'ard�.
4 - N� donn n�
tila bisogna vardai al ciar della candila.
5 - La gaina che
sta in c�, se non la becca la beccher�.
6 - Biciclet,
orolog e donn in minga bun come un pover om.
Il mondo cammina,
n� noi siamo quei laudatores temporis acti che
vorrebbero fermare il corso del progresso o, come
oggi pomposamente si dice, il corso della Storia.
Vorremmo per� che, con la luce elettrica la
radio e le automobili, tutto quello che di
tipicamente umano i nostri maggiori ci hanno
tramandato non venisse sommerso e dimenticato
dalle nuove generazioni.
Forse noi siamo
gi� in ritardo e purtroppo dovremo esclamare con
Virgilio "Sunt lacrymae rerum".
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